Le parole per gli introversi

31 maggio 2018, n. 2
NL introversi n 2
Di recente, ho fatto il test sulla personalità secondo la teoria dei Big 5, sviluppata negli anni 70 negli Usa e molto utilizzata nei processi di selezione del personale, teoria secondo la quale i tratti della personalità che distinguono gli esseri umani sono cinque, e precisamente: estroversione, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale. Ognuno di noi avrebbe 'poco' o 'tanto' di ognuno di essi.

Il tratto 'Estroversione' viene descritto così: "High scorers tend to be sociable, friendly, fun loving, talkative; Low scorers tend to be introverted, reserved, inhibited, quiet", e il mio risultato è stato: Percentuale di estroversione 30, "You tend to shy away from social situations"
Dunque, come low scorer, 'tenderei ad essere' introversa, riservata, inibita e tranquilla/silenziosa, ma anche - se vado a contrario rispetto alla definizione di estroversione che viene data - poco socievole, poco amichevole, che non ama il divertimento e che si tiene alla larga dalle situazioni sociali. Insomma: una persona orribile!!!


Scherzi a parte, avrete certamente notato, come ho notato io, che la descrizione dell'introverso - che non è data, e già questo ci dovrebbe far riflettere - è il risultato di 'ciò che ti manca' o che è 'poco presente' per essere un estroverso. Quindi l'estroverso è la norma e l'introverso l'eccezione, il che può essere anche vero (ma non sempre, e non ovunque sul pianeta) ma la domanda è: perché descrivere l'estroversione con una serie di aggettivi positivi e attraenti (socievole, amichevole, amante del divertimento e loquace), e l'introversione come la 'mancanza' di tutto ciò?
È chiaro che così descritto l'introverso diventa immediatamente e inevitabilmente poco 'attraente' - da un lato, e dall'altro si sente come quello a cui manca qualcosa.
E questo ahimè - è meglio saperlo - è quello che passa nella mente di molte persone (ma non tutte per fortuna!)

Ciò detto, la questione che mi interessa più di ogni altra è: come cambiamo questa situazione? Come possiamo intervenire in modo da combattere questo pregiudizio, senza però al contempo metterci sulla difensiva come siamo (ahimè) spesso abituati a fare?
Credo che un modo sia quello di
- imparare a raccontarci in modo diverso da come ci raccontano gli altri
- imparare a usare parole per descriverci che siano altrettanto attraenti quanto quelle usate da e per gli estroversi
- imparare a spiegare con garbo come siamo fatti e come 'funzioniamo' a chi non lo sa e fa delle ipotesi basate su quel poco che vede e che sente.
Alcuni aggettivi per descriverci potrebbero essere:
riflessivi, rispettosi, osservatori, bravi(ssimi) ascoltatori (merce rara di questi tempi, ricordiamocelo!), sensibili, coscienziosi, organizzati, gentili, innovativi, indipendenti, idealisti, e potrei continuare ma mi fermo qui.

Qualche esempio: tutte le volte che mi dicono che sono 'tranquilla' (ho ancora nelle orecchie frasi tipo 'oh, ma che bambina tranquilla...' che sotto sotto leggevo come 'cos'ha che non va???') mi va il sangue alla testa. Ma mentre in passato ho spesso replicato tirando dritto per la mia strada e senza dire una parola, da un certo punto in avanti ho cominciato ad abbozzare e a dire che non sono tranquilla, o meno di quel che sembra almeno, e che sono - quello sì - molto riflessiva, quindi difficilmente reagisco nell'immediato, più facile a freddo.
Quando mi viene fatta una domanda e ho bisogno di tempo per rispondere, dico che sto riflettendo.
A chi mi chiama asociale perché non vado ad ogni incontro/evento/festa/ecc, rispondo che non fa per me, o fa per me solo a piccole dosi, che preferisco vedere poche persone alla volta, che mi piace stare da sola, che adoro starmene sul divano a farmi i fatti miei, spiego insomma che la mia è una socialità diversa dalla sua, tutto qui.
Nessuno mi ha mai detto che non sono amichevole, ma qualora succedesse, spiegherei che si può essere amici anche in maniera diversa da come concepito dalla maggior parte delle persone, anche non ci si vede tutti i giorni, o tutti i weekend, o si trascorrono insieme tutte le vacanze.

Proviamo insomma a usare noi per primi delle parole diverse per descriverci, partendo dal presupposto che non ci manca assolutamente nulla, che la nostra aspirazione non deve essere 'diventare come gli estroversi', ma piuttosto scoprire, coltivare e mostrare al mondo le nostre qualità. Tra le tante mi vengono in mente: gentili, sensibili, grandi osservatori, indipendenti, idealisti, ottimi ascoltatori (e di questi tempi è merce rara!), rispettosi, efficienti, organizzati, coscienziosi, acuti...

Tutti pronti?

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Giugno

Il 12 giugno da Le Spezie Gentili di Valeria Farina, a Milano, dalle 18,30 alle 20,30 presento e introduco un nuovo progetto: il gruppo su La via dell'Artista.
È un percorso di crescita personale per (ri)trovare la propria creatività, basato su un libro, La Via dell'Artista appunto, scritto da Julia Cameron.
Se il primo pensiero che ti sfiora è "ma io non sono un'artista, né un creativo: non fa per me!", bene, è proprio uno dei pregiudizi che l'autrice (e noi con il gruppo) cerca di scardinare perché ognuno di noi, a suo modo, è un artista e un creativo. Bisogna solo imparare a 'nutrire' la nostra creatività e permetterci di farlo - ed è quello che faremo insieme con questo percorso.
Non pensare quindi a Picasso o a Mozart, non crucciarti perché non sai dipingere o scolpire o fare altre attività considerate 'artistiche': coltivare la propria creatività è una cosa che può fare chiunque e che è utile in ogni campo.
Il percorso, che consiste di 8 incontri, costa 140€, e ci sono ancora 2 posti disponibili!




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Lavinia
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