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La responsabilità
Newsletter Lavoro 15 febbraio 2021
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Ciao!
In questo inizio di febbraio ho ricominciato, visto che abito in zona gialla, a incontrare le persone dal vivo. Sebbene la mia attività possa essere svolta anche da remoto, devo dire che dal vivo ha tutto un altro 'sapore', e sento anche di essere più efficace.
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E poi, dopo tutto questo tempo, ero quasi emozionata all'idea di sedermi in un bar davanti a un cappuccino, a fare un incontro con un cliente! E' stato bellissimo.
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Le ultime due newsletter le ho dedicate al curriculum, e ai suggerimenti che do ai miei clienti quando lavoriamo assieme e a quelli che propongo nelle classi in cui insegno, e anche a tutto quello che ho imparato dagli uni e dagli altri.
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[Te le sei perse? Nessun problema, puoi leggere la seconda puntata qui - e dentro troverai il link alla prima]
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E' una parola e un concetto che mi frullano nella testa da un po', un po' perché il coaching è consapevolezza+responsabilità, un po' perché ne parlo tanto con le mie figlie, un po' perché ne parlo tantissimo con i miei clienti, e ultimamente ancora di più.
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Ho la sensazione che abbiamo smarrito un po' per strada il significato di questa parola, complice la nostra storia probabilmente, anche quella contemporanea, ma non solo.
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Sarà perché ho una formazione giuridica, sarà per l'educazione ricevuta, ma per me il concetto di responsabilità è centrale nella vita di una persona.
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Secondo il vocabolario Treccani, per responsabilità si intende "Il fatto, la condizione e la situazione di essere responsabile: assumersi, prendersi la r. delle proprie azioni; la r. di quanto è accaduto è tutta tua; ognuno deve accettare la sua parte di r.; non voglio alcuna r. in questa faccenda; hai una grossa r., stai attento; fare una dichiarazione, impegnarsi sotto la propria r. (...)".
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Quello che noto invece attorno a me, è invece come sempre più spesso ci sia una vera e propria fuga dalla responsabilità, dal farsi carico, in tutto e per tutto, delle proprie azioni e delle proprie scelte, come se questo potesse salvaguardarci da chissà quale tragedia. E invece ci salva (per così dire) dal vivere una vita piena e soddisfacente.
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Mi pare infatti che questo atteggiamento ci faccia vivere una vita a metà, una vita di menzogne, una vita di facciata che non corrisponde a chi siamo veramente, e che questo scollamento sia assai pericoloso. Perché la responsabilità non è soltanto un peso, un fardello, ma è anche 'fare proprio': un atteggiamento, un pensiero, un'azione, un'opinione. E se non facciamo "nostro" nulla di ciò che facciamo o pensiamo, che tipo di persona siamo? Siamo davvero il tipo di persona che vogliamo essere?
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Non voglio addentrarmi troppo nella filosofia, ma invece restare sul campo che mi appartiene, quello del lavoro e delle persone che mi raccontano del loro lavoro: e i racconti che ascolto hanno molto spesso a che fare con una responsabilità che non è esercitata (il capo che non si prende la briga di), non è riconosciuta (il capo che rifà tutto quello che faccio, che controlla ogni minima cosa), non è praticata.
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E questo credo che sia gravissimo.
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Vedo, per l'appunto, della responsabilità di questa situazione in capo a entrambe le parti, i capi o i datori di lavoro, e i dipendenti, collaboratori o altro: i primi fanno spesso fatica (troppo spesso, per essere dei capi) a esercitare la loro responsabilità - o a esercitarla nel modo corretto; spesso fanno anche fatica ad attribuire una responsabilità ai sottoposti, che devono (dovrebbero) essere tenuti responsabili, e quindi essere chiamati a rispondere, di ciò che fanno (o non fanno).
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Dall'altro, i dipendenti e i collaboratori hanno poca dimestichezza con la responsabilità - per educazione ricevuta (a volte troppo indulgente) o per esperienze pregresse, e quella responsabilità la temono, o non la vogliono in nessun modo, o ancora rinunciano di fronte alla mancanza di fiducia nei loro confronti da parte di chi sta sopra.
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Insomma: un vero disastro.
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Quello che vediamo tutti i giorni, in fondo, no?
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Nessuno è mai responsabile di nulla.
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Se mi rivolgo a un ufficio per presentare un reclamo, se voglio parlare con il responsabile di un procedimento, se voglio far sentire le mie ragioni al responsabile di qualsiasi cosa... semplicemente non ci riesco. Perché questo 'responsabile' non esiste; oppure perché esiste solo sulla carta, ma alla prova dei fatti non risponde di nulla; o non è proprio lui il responsabile di quell'aspetto che mi interessa, o non c'era, o non ne sa nulla, o era in ferie o in trasferta proprio quel giorno.
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Siamo dentro a un racconto di Kafka, insomma.
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Se ce la faccio, ho speso tante di quelle energie e di quel tempo che mi chiedo se ne valesse davvero la pena. Ecco: Sì, ne valeva la pena. Perchè poi alcune persone che si assumono la responsabilità, e che affrontano un utente incazzato, esistono. E questo mi rincuora e mi fa pensare che c'è una speranza.
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Resta che il tema della responsabilità è davvero IL tema, di questi tempi. E che dobbiamo 'educare' per primo noi stessi alla responsabilità, poi le persone che ci stanno attorno, poi i nostri figli, e poi un po' tutti quelli che incontriamo nelle nostre vicende di vita, alla responsabilità.
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Educare alla responsabilità.
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Di modo che poi, di fronte a un problema, non lo si eviti come la peste e lo si guardi diventare gigante, ma lo si affronti e lo si risolva perché anche questo è assumersi la propria responsabilità: AGIRE!
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E se non siamo in grado di farlo sul nostro lavoro, non saremo in grado di farlo nemmeno con noi stessi e con le grosse sfide che la vita ci mette davanti.
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Se vuoi cominciare da qualche parte ad AGIRE - e ovviamente penso che iscriversi a questa newsletter sia stato un primo passo, GRAZIE! - ma non puoi permetterti di spendere molto in questo momento, oppure se vuoi capire meglio come lavoro - puoi acquistare il mio eBook Strategie per un nuovo lavoro, in cui ho messo nero su bianco alcune delle cose (aka: esercizi) che faccio fare alle persone che si rivolgono a me.
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Nel corso del 2020 ho riletto Simple Abundance, un libro fantastico di Sarah Ban Breathnach (ahimè mai tradotto in italiano) che si presenta come una paginetta da leggere ogni giorno, una sorta di ispirazione per la giornata. Visto l'anno che abbiamo passato, mi ha aiutato a sopportare i momenti difficili, a me e alle altre donne che si sono unite a me nel gruppo FB omonimo.
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In questo 2021 ho deciso di continuare sul medesimo sentiero, ossia quello della cura di sé, aspetto fondamentale della vita di ognuno di noi, ancora più fondamentale dopo il 2020. Ma aspetto su cui facciamo tutte molta molta fatica.
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Quest'anno prendo spunto da un libro che si intitola Recharge - A year of self care to focus on you, di Julie Montagu, ma poi aggiungo riflessioni mie o che pesco qua e là in altri libri sul tema. E' un tema molto femminile, lo capisco, e infatti nel gruppo siamo solo donne... se ti va di unirti sei la benvenuta!
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Chi sono
Sono una Job coach e una Life coach: il mio lavoro consiste nell'aiutare le persone a essere soddisfatte e felici di ciò che fanno e di ciò che sono, aiutandole a trovare una nuova strada, sul lavoro e nella vita. Perché la strada giusta c’è, per ognuno di noi. A volte però abbiamo bisogno di qualcuno accanto che faccia il tifo per noi, ci aiuti nella ricerca, ci suggerisca come fare per trovarla: quella sono io.
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Se vuoi vedere cosa faccio, puoi dare un'occhiata alla pagina Per il tuo lavoro Sono sorridente, di poche parole ma sono molto brava ad ascoltare e ad andare dritta al sodo perché sono un’introversa.
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Cosa posso fare per te
Per ottenere dei risultati che rendano soddisfatti del proprio lavoro ci sono tanti modi, ma tutti prevedono delle serie e approfondite riflessioni su ciò che vogliamo.
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Quello che posso offrirti io sono i miei percorsi di coaching, che prevedono SEMPRE un incontro conoscitivo e gratuito, che non comporta alcun impegno e che ci serve per capire se possiamo lavorare bene insieme, se ci troviamo, se posso esserti davvero d'aiuto.
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Se hai dei dubbi di qualsiasi genere, o se vuoi semplicemente vedermi in faccia e fare due chiacchiere per capire chi sono e come lavoro, o ancora vuoi capire se il coaching fa per te, l'incontro conoscitivo serve proprio a questo.
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