Questa newsletter ti è stata inoltrata? Ricevila nella tua inbox iscrivendoti qui.

banner-01
quando hai paura ti sottrai o ti butti?

Newsletter Lavoro 15 ottobre 2022
Ciao!
Quasi per sbaglio lo scorso weekend mi sono ritrovata a fare una passeggiata in un bosco e a raccogliere castagne, e mi ha fatto uno strano effetto... come dire: di già? Però in realtà non vedevo l'ora di un po' di freschino, della pioggia, delle foglie ingiallite per terra e sugli alberi, dell'autunno insomma.

Le stesse parole "di già???" me le stanno dicendo molte delle persone con cui lavoro e mi confronto riguardo allo smartworking e alla sua prossima "scadenza", o meglio alla scadenza dello smartworking senza grandi menate (nel richiederlo, intendo) che ha caratterizzato il periodo dell'emergenza Covid.
Alcuni lo dicono perchè lo smartworking non lo hanno praticamente mai visto né praticato (ho sentito di persone cui è stato richiesto di fare ferie piuttosto che lavorare da casa), altri perchè già da tempo l'azienda li ha "costretti" a rientrare. Poi ci sono le isole felici, ossia quei posti dove lo smartworking è diventato prassi - forse lo era già prima ma ora lo è molto di più, e nessuno si scandalizza, né la produttività ne ha risentito.
Ma sono, appunto, isole felici - almeno nel nostro paese.
Ho letto nei giorni scorsi che Elon Musk ha dichiarato che "tutti quelli che intendono lavorare da remoto devono essere in ufficio per un minimo di 40 ore a settimana" - che poi vuol dire sempre, o no?
Un'altra cosa che proprio trovo non abbia più senso...
Mio fratello e mia cognata hanno un bimbo di quasi 2 anni, e per loro lo smartworking è una manna dal cielo: 2 giorni in ufficio lei, 3 giorni in ufficio lui, e se la giostrano così. Un giusto mix, insomma, che permette loro anche di occuparsi del bimbo che va al nido, senza impazzire - ché i nidi (ma poi anche le scuole materne e primarie...) chiudono piuttosto presto.

Perché questa pratica fa così fatica ad attecchire in Italia?
Una risposta ovviamente non ce l'ho, ma da quel che mi viene raccontato direi che una delle parole chiave di questo problema è fiducia (mancanza di -): la generale tendenza a pensare che il prossimo sia pronto a fregarci da un momento all'altro.
Questo vale per chi è al vertice nei confronti di chi è sotto, ma vale anche tra pari. E prolifera nei luoghi di lavoro in maniera preoccupante (e anche controproducente!): se non mi fido di chi lavora per me o con me, perché allora lo assumo? Perché assumere qualcun* significa delegare una parte del lavoro a qualcun'altr*, ma se di questo altr* non mi fido, non è forse meglio che faccia tutto da me?
E se ho bisogno di una persona cui delegare alcuni compiti, ma non mi fido, come può funzionare la delega? Renderà solo il processo produttivo più inefficiente, no? Perché vorrò controllare tutto, vorrò sapere tutto, vorrò intervenire su tutto. Ma come può questa inefficienza far crescere la mia azienda?
Come posso delegare il mio lavoro ad altri e non fidarmi?
E' una cosa senza senso! E del tutto inefficace!

L'altra parola chiave secondo me è controllo: se ti vedo, se sei nell'ufficio a fianco, se vedo che sei alla scrivania, allora so che stai lavorando (!). La smania di controllo ci ha preso la mano (del resto siamo un paese con un volume di leggi esagerato, ci sarà un motivo) e offuscato la capacità di giudizio e il buon senso. Se delego un compito a una terza persona, do una scadenza per la sua esecuzione e delle direttive di massima sul come va fatto, di cos'altro c'è bisogno? Se ho scelto il delegato con attenzione e se gli ho fatto capire che ha la mia fiducia, è molto probabile che faccia bene.
Ma da noi va molto più di moda il metodo "comando e controllo" (e cazzio, e ti do dell'incapace, e tutto il resto).
Questo metodo non funziona, né sui banchi di scuola, né con gli adulti sui luoghi di lavoro.
Ma non l'abbiamo ancora capito, né al lavoro né a scuola.

Ottobre

In questo mese concludo le lezioni che tengo in 2 corsi di formazione Enaip Lombardia in ambito culturale: è stato bello e stimolante confrontarsi con giovani neolaureati e persone più esperte, e scoprire che alcuni pregiudizi albergano indifferentemente negli uni e negli altri, anche se a volte pensiamo di no :-)
Mi sono molto stupita della disillusione di molti giovani, e della perseveranza di altri, della cocciutaggine (tenacia!) di alcuni e della arrendevolezza senza speranza di altri.
Ma tutti ho costretto a lavorare :-)

Sto leggendo

Titoli vari di Annie Ernaux (L'altra figlia, Una donna...), recentissima Premio Nobel per la letteratura
California di Francesco Costa

Sto guardando (serie tv)

Avvocata Woo - fantastico e dolcissimo
Dahmer - inquietante
Le guide di Headspace: meditazione - che propone anche meditazioni guidate

Ci sentiamo a novembre!
Ciao,
Lavinia
_lavinia basso

Chi sono

Sono una Job coach e una Life coach: il mio lavoro è aiutare le persone a essere soddisfatte e felici di quello che fanno e di quello che sono, aiutandole a trovare una nuova strada, sul lavoro e nella vita. Perché la strada giusta c’è, per ognuno di noi.
A volte però abbiamo bisogno di qualcuno accanto che faccia il tifo per noi, ci aiuti nella ricerca, ci dica come fare per trovarla: quella sono io.
Se vuoi vedere cosa faccio, puoi dare un'occhiata alla pagina Per il tuo lavoro, c'è anche il mio nuovo percorso per mettersi in proprio "Un lavoro su misura per te"!
Sono sorridente, di poche parole ma sono molto brava ad ascoltare perché sono un’introversa.
linkedin instagram 
Grazie per avermi accolta nella tua inbox, è un privilegio per me!
Se pensi che questa NL possa essere utile a un'amica/o, inoltragliela, grazie!