[Post del blog un po’ intimista e un po’ non lo so, ma in tempi di coronavirus non si può fare altro].

Sono passati circa 15 giorni da quando è cominciato il cd. lockdown, la chiusura di tutto e tutti a causa dell’epidemia. Ecco i miei pensieri.
Vivo a Milano, in Lombardia, e il sentimento più forte che provo è quello dell’impotenza. Vorrei fare qualcosa ma non so cosa. A parte esercitare un po’ di interesse per gli altri, i vicini (molti anziani), le persone che vivono attorno a me in quartiere, qualche conoscente medico, ma mi sento per lo più impotente. Forse è normale, o forse la clausura forzata mi rende un po’ più labile da questo punto di vista.

Lo smart working a cui molti sono ‘costretti’ fa parte del mio essere una libera professionista, o freelance, lavoro sempre da casa quindi per me non è una novità.
La novità vera è lavorare da casa con attorno altre 3 persone h24, una situazione a cui faccio estremamente fatica ad abituarmi. Avevo le mie routine, che sono tutte saltate per aria (come per tutti, sia chiaro), e ci ho messo un po’ a metterne in piedi di nuove. Ho pianificato l’impensabile (per me) per rendere le cose più facili, più fluide; a volte funziona, a volte no, e questo fa sì che anch’io funzioni un po’ a scartamento ridotto. Ho pianificato i pasti, le serate, le attività durante la giornata, per tutti. Ma ci sono giorni in cui la tristezza e la paura, l’angoscia e l’inedia hanno il sopravvento e giro per casa facendo finta di fare cose, ma in realtà non combino un granché (salvo pulire e sistemare, che per me non è un buon segno!).

Poi ci sono le giornate in cui parte l’embolo a me, e le giornate in cui parte a uno degli altri tre, e tutti ne risentiamo. Ci sta, lo so, ma è un gran casino lavorare così. Senza contare il fatto che con due figlie in età scolare c’è anche quel pezzo: la scuola media era un filino attrezzata ma di fronte all’emergenza è andata in down totale, la primaria è una tabula rasa. Il disastro.

Così ho pensato di abbandonarmi un po’ di più al destino? Universo? caso? Non so. Ma tutti i consigli su come impiegare tutto questo tempo mi stanno cominciando a dare sui nervi, io tutto questo tempo da riempire non ce l’ho – mi piacerebbe, ma non ce l’ho. Cerco di organizzarmi ma non è affatto facile. Così come tollero sempre meno i post di chi si sente meglio degli altri e spara a zero. Anche basta. Non ne abbiamo bisogno. Mai. Meno che mai adesso.

Allora ho pensato e ripensato a cosa posso fare bene, a cosa mi fa stare bene, e a cosa mi fa male.
Le news mi fanno male, quindi le limito a una volta al giorno e solo 2/3 fonti che ritengo attendibili. Mi informo qui, e qui. Alle volte qualcosina d’altro, ma poca roba davvero. Il resto, passo, grazie.
I social mi fanno male, faccio quello che devo fare, e li lascio.
Le chat sono la maledizione di questi giorni, vorrei tanto abbandonarle tutte perché anche lì si finisce per parlare di cose che non c’entrano con il tema della chat. E perchè arrivano 1245690 messaggi al giorno. Non ce la faccio, mi dissanguano.
Quindi meno cellulare in mano. Lo lascio il più possibile nel cassetto, cerco di dimenticarmene. Di non sbloccarlo compulsivamente. Ma è davvero difficile. Ma quando ci riesco sto così bene che… mi sembra incredibile!

Non è che ce la faccio quanto vorrei eh? Sia chiaro. Non sono la quintessenza della forza di volontà né dell’organizzazione né di tante altre cose. Ci provo, e quando ci riesco sono contenta*.
Ma ci provo di continuo (ho già sbloccato il telefono 3 volte da quando ho iniziato questo post, poi l’ho subito richiuso!)

Cosa mi fa bene:

  1. Leggere. Lo so da sempre. e invece con questo aggeggio sempre in mano finisce che quello che faccio meno è proprio leggere. non va bene. Stasera leggo. Niente video, niente notizie, niente social. Leggo il mio romanzo (L’eredità delle dee, al momento).
  2. Parlare con le persone: ho anche voglia di parlare (strano per me che sono un’introversa!) in questo periodo, ovviamente senza esagerare. Però una telefonata al giorno ad un’amica mi fa stare bene. Soprattutto se si tratta di amiche o amici che non sento da un po’
  3. Parlo con le mie figlie: lo faccio sempre, ma in questi giorni lo facciamo molto di più, distilliamo (noi genitori) le notizie da dargli, ma gliele diamo. Gli faccio leggere articoli alla loro portata, storie che possono sentire vicine, gli faccio vedere e ascoltare i video giornalieri del Sindaco o di professori ‘illuminati’ che sono fari nella nebbia in questi giorni in cui le mie due hanno a che fare solo con la carta o con lo schermo del pc per fare i compiti. Parliamo, parliamo, parliamo.
  4. Scrivo – ed eccomi qui infatti, ma non solo: scrivo il mio journal tutte le mattine (o quasi, sempre senza integralismi), il mio diario della gratitudine ogni sera, scrivo nel mio gruppo Fb di Simple Abundance. Scrivo. Mi aiuta a fare download dei pensieri, a farmi venire idee, a farmi passare (almeno momentaneamente) le paure, a razionalizzare, a …
  5. Abbraccio e bacio i miei 3 conviventi forzati, di continuo. Almeno con loro posso farlo!
  6. Cucino quello che ho pianificato perché averlo pianificato mi fa bypassare il dover pensare a cosa cucinare, e allora mi diverte: è già scritto lì, devo solo farlo.
  7. Faccio yoga, cerco di farlo un giorno sì e l’altro no. Un passo in avanti (prima lo facevo due volte a settimana) e fin qui un successo e anche un bello sfogo. Io faccio questo yoga qui.
  8. A breve – visto che la situazione è destinata ahinoi a durare, cercherò di trovare un tempo per studiare, cosa che al momento trovo difficilissima da fare, la concentrazione mi manca del tutto.
  9. Ovviamente lavoro! E quando faccio le videochiamate con i clienti mi sento molto meglio: siamo sulla stessa barca ma vedendo l’altro che lavora ci facciamo forza. Non ho mai ricevuto così tanto dalle persone come in questo periodo!

Spero che qualcuna delle cose che fanno stare bene me possano incuriosirti e magari far stare bene anche te… Ti lascio con le parole meravigliose di David Grossman, scritte in questi giorni di epidemia:
“Quando l’epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettere al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui.
La presa di coscienza della fragilità e della caducità della vita spronerà uomini e donne a fissare nuove priorità. A distinguere meglio tra ciò che è importante e ciò che è futile. A capire che il tempo e non il denaro è la risorsa più preziosa.
Ci sarà chi, per la prima volta, si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi.
Sugli amori che non ha osato amare.
Sulla vita che non ha osato vivere.

Buon tutto!

#andràtuttobene
#iorestoacasa
#celafaremo