Il mindset, o forma mentis, con cui vediamo noi stessi e il mondo non è un elemento immutabile ma può invece essere modificato – con un po’ di tempo e di impegno – da statica a dinamica, ovvero da un modo di pensare le capacità come qualcosa di innato al pensare che tali capacità si possono acquisire e sviluppare lungo tutta la nostra vita fino a raggiungere traguardi inaspettati.
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Nel mio lavoro di coach incontro quotidianamente tante donne che vogliono cambiare lavoro e che sono insoddisfatte di quello che fanno, e quindi arrivano chiedendomi una mano per fare altro. Il problema che però riscontro molto spesso è che prima di mettersi alla ricerca di un nuovo lavoro hanno bisogno di capire meglio cosa non sta andando in quello in cui si trovano, e cosa possono fare per avere un approccio più adeguato, e quindi più utile per loro, sul lavoro. Quello che vedo maggiormente mancare è, insomma, una delle “fondamenta” necessarie per costruire qualsiasi cosa nella vita, ossia l’autostima.
Siamo abituate a pensare – o forse dovrei dire siamo condizionati a pensare – che il self care sia mettersi il rossetto, andare dal parrucchiere, fare di tutto per essere belle esteticamente. Certamente ci sta anche questa parte, ma prendersi cura di sé ha a che fare sia con il contenitore, sia con il contenuto. Ciò significa che va benissimo la cura estetica del corpo – magari senza le esagerazioni del marketing che ce la fa vivere come una cosa vitale e necessaria, obbligatoria anzi, per essere felici – ma ad essa deve per forza unirsi una cura molto attenta del contenuto, di ciò che è dentro di noi.
Di fronte a degli ostacoli, spesso lasciamo la possibilità del successo agli altri, perché non ci riteniamo dei vincenti. Quando consideriamo l’ipotesi di acquisire responsabilità o prestigio, ci convinciamo subito di essere semplicemente degli “impostori”, come un attore che interpreta il ruolo di un pilota, mentre indossa l’uniforme e fa i suoi annunci dalla cabina, e non è in grado di avviare i motori.

Nell’Atlante delle emozioni umane, l’autrice Tiffany Watt Smith individua e descrive più di 150 emozioni umane. Se devo pensare alla mia capacità di dare un nome alle emozioni, e alle loro diverse sfumature, credo che arriverei con fatica a 20. La nostra scarsa, scarsissima preparazione nel campo delle emozioni la dice lunga sulla nostra capacità di interpretarle e gestirle in maniera proficua – e non distruttiva.