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5 idee per migliorare la tua situazione lavorativa

5 idee per migliorare la tua situazione lavorativa

Molto spesso partiamo dal presupposto che la nostra condizione di insoddisfazione/infelicità sia legata al lavoro. Come se il lavoro dovesse essere la nostra fonte di felicità e/o soddisfazione. Ma se ci pensi un momento ti renderai conto che nel corso dei secoli passati questa idea non ci sia mai stata, e il lavoro fosse considerato una necessità – per la sopravvivenza – e una fatica da tollerare nel corso degli ultimi due secoli. Che il lavoro potesse assicurarci la felicità è qualcosa che è arrivato solo in tempi moderni e modernissimi, come favola per… farci lavorare. Perchè sappiamo tutte e tutti che, ancora oggi, il lavoro è fatica – anche se fai il lavoro che ami! – ed è anche parecchio necessario per la nostra sopravvivenza.

Tuttavia, le persone che incontro arrivano da me tutte con una questione lavorativa da sottopormi, di cui credono di essere le uniche persone a soffrire o sperimentare, e con un investimento enorme di aspettative sul lavoro: come mai, mi chiedo?

Credo che sia perché tendiamo a identificarci totalmente con il lavoro che facciamo. Sostituiamo il “faccio” con il “sono”… Sono una coach, una project manager, una cassiera, un fabbro, e via così. La realtà è che facciamo un lavoro, ma non siamo quel lavoro, anche se quel lavoro ci piace alla follia. Ma questa identificazione, che nasce dalle parole e arriva al pensiero, è davvero molto pericolosa.

Ma siamo davvero (solo) il nostro lavoro?

E lo siamo? No, non lo siamo. Lo facciamo, facciamo un lavoro. E soprattutto siamo anche qualcos’altro. E di questo “altro” ci dobbiamo occupare, se vogliamo che il lavoro non diventi quella cosa pericolosa che è diventata negli ultimi tempi.

La felicità e la soddisfazione vanno ricercate e perseguite in tutti gli ambiti della nostra vita e quindi anche sul lavoro: ma pensare che il lavoro possa darci la felicità è una convinzione fallace e addirittura pericolosa per la nostra salute, fisica e mentale.

Partendo da questo assunto, che deve essere molto chiaro e va assorbito e fissato come un post-it nelle nostre menti, vediamo cosa possiamo fare per migliorare la nostra situazione lavorativa.

SPOILER: la prima cosa da fare non è prendere in mano il cv per aggiornarlo, sistemarlo, modificarlo e mandarlo urbi et orbi.

Mandare cv in giro è l’ultimo passo, prima ce ne sono altri.

Partire dalla risistemazione del cv non è buona idea. Lasciamolo da parte per il momento. E fidati che ci arriviamo, ma ti sarà ben presto chiaro perché è l’ultima cosa da fare.

Il primo motivo è che mandare cv a pioggia non serve assolutamente a niente. E’ una mossa un po’ dettata dall’ansia, un po’ dal desiderio di fuggire da una situazione che ci va stretta, un po’… cercare una via d’uscita breve e facile. Non va bene, e soprattutto non funziona.

Nessuna delle persone con cui ho lavorato hanno cambiato la loro situazione lavorativa mandando cv a pioggia.

Cosa fare dunque per migliorare la nostra situazione lavorativa?

1.) Chiediamoci cosa vogliamo nella nostra vita

Il grosso problema è che pensiamo che questi 2 aspetti siano del tutto slegati e invece sono intrecciati a doppio filo.

Partendo dal presupposto che il lavoro che deve girare attorno alla vita e non viceversa, credo che questa riflessione sia davvero molto importante.

Il lavoro è quella cosa – una di quelle cose – che dovrebbe esserci utile per fare la vita che vogliamo, che dovrebbe permetterci, fornirci gli strumenti per fare la vita che vogliamo.

Quindi ora proviamo a mettere nero su bianco cosa vogliamo in questo momento dalla nostra vita. Prendi carta e penna e fai una lista.

Soldi? Tempo? Casa? Status?  barca? vacanze a go-go?

2.) Che cosa vuoi dal lavoro, in questo momento? Cosa cerchi?

Più soldi, più flessibilità, più benefit, più relazioni con le persone, meno relazioni, meno trasferte, cosa?

3.) Impara a raccontare come fai il lavoro che fai

Fatte queste riflessioni, che sono molto importanti, e chiarito prima di tutto a noi stess* cosa vogliamo da questi due ambiti, la cosa che dobbiamo fare è imparare a raccontare bene il lavoro che facciamo, che sappiamo fare.

Questa, dopo le riflessioni, è la fatica più grande.

La prima risposta che ci viene è infatti: sono un project manager! Sono una coach! Sono una …(aggiungi quel che vuoi), cioè rispondere citando il nostro job title.

Mi devi innanzitutto spiegare con parole facili in cosa consiste il tuo lavoro – non tutti sono del tuo settore e capiscono il linguaggio tecnico – e questo è il primo passo: semplificare e saper spiegare a chiunque il tuo lavoro, perché è quello che dovrai probabilmente fare se ti metti in cerca di un altro posto di lavoro. A maggior ragione se vuoi spostarti da un’industria all’altra, modificare un po’ il corso della tua carriera – molte delle persone che si rivolgono a me vogliono fare questo passo, in avanti ma anche laterale. Capirete bene che saper raccontare BENE il proprio lavoro, le cose che si sanno fare, è cruciale, visto che magari potrebbero mancare altri requisiti (che possono essere acquisiti in seguito, sul campo o con dei corsi).

A cosa serve questo esercizio? A diverse cose, tra cui:

  • imparare a parlare di quello che facciamo in parole semplici che siano comprensibili anche da chi non è del settore. E a cosa mi serve? (vi chiederete): a sfruttare ogni occasione per parlare del vostro lavoro anche a chi non ne sa nulla, ma che potrebbe fornirvi dei contatti interessanti.
  • E poi anche: a raccontare e raccontarsi in modo efficace e non noioso, che non guarsta mai – anche in vista dei colloqui.

4.) Impara a scegliere e a dire di no

Lo sai che tutte le volte che dici sì alla richiesta di chichessia stai dicendo no a te stess@?

Lo sai che tutte le volte che non dici la tua, o non fai tu la scelta, stai mettendo questo potere nelle mani di qualcun altro, che potrebbe non avere le tue stesse esigenze e desideri e quindi decidere nel modo migliore per te?

Cosa ti spinge a non scegliere? A non dire un no quando è l’unica cosa che vorresti fare?

Qualcuna che si trova in questa situazione vuole provare a rispondere?

Perché dire di no è così difficile soprattutto per le donne?

E perché questa capacità (di scegliere, e di dire di no) è così importante in questo discorso sul lavoro?

5.) Pensa a cosa ti manca (competenze, skills, qualità, … ) e a cosa puoi fare per averlo (nella vita e sul lavoro), e poi attivati per raggiungerlo/ottenerlo.

Ci sono cose che sono nel nostro controllo, e per le quali dunque possiamo fare qualcosa, altre che sono fuori dal nostro controllo. Sai distinguerle? E’ molto importante per non cadere in frustrazione.

Tra le cose che sono fuori dal nostro controllo ci sono sicuramente le condizioni del mercato del lavoro, la situazione geopolitica ecc ecc: lì abbiamo pochissima voce in capitolo quindi meglio metterci il cuore in pace.

Però ci sono cose, aspetti, che sono assolutamente nel nostro controllo e su cui possiamo incidere.

Ti mancano delle competenze? Studia

Ti manca la fiducia in te stessa? Cerca di capire cosa puoi fare a riguardo

Ti manca la conoscenza di una lingua (o più di una)? Cerca un corso o un insegnante

….

FAI una lista e chiediti se si tratta di cose sotto il tuo controllo o fuori dal tuo controllo. Poi decidi cosa puoi fare, e anche cosa vuoi fare e/o cosa è ragionevole fare in questo momento della tua vita.

Fatti tutti questi passi, analizza il risultato con molta calma e con molto sano realismo (ricordati del resto della tua vita! Se hai un neonato, difficilmente potrai riempire le giornate di ennemila impegni. Se lavori 12 h al giorno, forse il tempo che ti resta non è molto, cosa puoi fare? Lavorare meno e dedicarti ad altro. E così via…

Dopo tutto questo lavoro… Sei pront@  a mettere mano al tuo cv, sistemando, aggiornando e soprattutto accorciandolo! 1 pagina max 2!!!

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La mia avventura di introversa con il public speaking

Nel corso del 2023 ho avuto un sacco di occasioni in cui allenarmi in una pratica a cui non sono molto avvezza e di cui ho di solito un gran terrore: il public speaking.

Sono passata dalle aule di alcuni corsi di formazione, alle serate di presentazione di una causa a cui tengo molto, a festival ed eventi aperti al pubblico, a aule universitarie (!), e ogni volta è stato un po’ più facile, un po’ meno faticoso, addirittura anche un po’ più divertente (divertente!), anche se, potendo scegliere, farei certamente altro.

Sono mediamente contenta di come è andata, potevo fare meglio certamente, ma ogni volta ho aggiunto un pezzettino, fatto un passo avanti, e mi sento sempre più confidente e sicura. Mancano ancora 2-3 pezzettini – secondo me – perché io sia del tutto soddisfatta (soddisfatta, non perfetta, bada bene! Ché la perfezione è il male assoluto, ne ho parlato qui) ma ci continuo a lavorare su e pian piano ci arriverò.

Nel frattempo, mi alleno. E lo faccio tutte le volte che mi si presenta un’occasione, senza tirarmi indietro, e consapevole che è un esperimento dal quale posso soprattutto imparare qualcosa per migliorarmi.

Non l’ho sempre pensata così, che te lo dico a fare.
Da vera introversa ho sempre pensato che il public speaking non facesse per me (anche se ci sono introvers@ che sono ottimi oratori!) e che ci dovevo mettere una pietra sopra. Invece la vita ci si mette, spesso, di mezzo e ti propone delle opportunità, o delle sfide, che spingono proprio nella direzione che avresti voluto da tempo abbandonare.
E allora ti ritrovi a pensare che ti tocca, che evidentemente lì c’è un pezzettino di strada che devi ancora fare, e anche se non sai dove ti porterà, lo sforzo grande è rimanere fiduciosa che ci sia qualcosa ad attenderti, apposta per te.

Public speaking e connessioni

Così è stato per me con il public speaking: da esperienza terrorizzante a modalità con cui entrare in connessione con le persone, cosa che mi riesce molto bene nel 1:1, ma che pensavo di non essere capace di fare con più di 3 persone. E invece.
Invece ho scoperto che creare condivisione e connessione, con il public speaking, è molto fruttuoso, e anche molto gratificante per me.

Naturalmente di solito uso alcuni trucchi (si fa per dire!) che funzionano molto bene e che ho imparato da quando faccio la coach. E che ho negli anni affinato. Quali sono questi “trucchi”? In realtà non sono trucchi ma competenze, skills, e sono:

  1. fare domande: anziché prepararmi un lungo discorso e/o una lunghissima lezione frontale, mi preparo poche cose, alcuni temi che ritengo fondamentali da affrontare, ma li accenno per sommi capi e poi faccio un sacco di domande a chi mi ascolta – questo mi permette di capire meglio quali sono le aspettative, i punti di vista, gli approcci e di modulare la lezione o l’intervento in base ad essi;
  2. ascoltare: dopo aver fatto domande e aver cercato di coinvolgere un po’ tutti gli astanti, ascolto con molta attenzione quel che mi dicono. Pratico quello che in coaching viene definito “ascolto attivo”, che è un ascolto  molto difficile e faticoso, ma molto molto molto utile per avere ulteriori informazioni su chi ho di fronte.

Nelle occasioni in cui ho sperimentato – e poi fatto mio –  questo modo di pormi ho notato diverse cose interessanti:

  1. le persone sono più propense a dire davvero come la pensano
  2. le persone sono più disponibili a discutere in modo civile
  3. le persone sono più disponibili ad accettare una critica o un’osservazione e rifletterci sopra

Credo che la ragione sia principalmente dovuta al fatto che sentono di avere davanti un interlocutore che è disposto a mettersi in gioco, che non parte pensando di sapere tutto (o tutto quel che c’è da sapere su un certo argomento), che è aperto e pronto a mettersi in discussione perchè non ha paura di fare una figuraccia.

In un delle ultime occasioni in aula ho addirittura imparato io delle cose, e questa bella sensazione di scambio tra me e chi avevo di fronte mi ha davvero dato una grande soddisfazione, e ovviamente ha anche tranquillizzato la mia ansia da prestazione nelle occasioni di public speaking (poi un po’ di ansia resta sempre, ma non riesce più a paralizzarmi al punto di rinunciare).

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Cosa significa per me lavorare in proprio

Il lavoro in proprio, a modo mio

Lavoro in proprio, nel senso proprio del termine, da quando sono coach, ossia dal 2016. Ma sono sempre stata una freelance e ho raramente lavorato come dipendente. Questa più recente esperienza, tuttavia, è stata decisamente la più formativa sia grazie alla natura del lavoro che svolgo – che è di per sé formativo e di crescita – sia perché effettivamente è stata la prima esperienza da “one (wo)man show”. E ho imparato davvero un sacco di cose.

Quello che posso darti gratis, e anche il resto

Il mio lavoro è aiutare le persone a essere più felici. Il cambiamento che vuoi ottenere, il miglioramento che vuoi avere nella tua vita, il problema che non vuoi più o l’insoddisfazione che vuoi sconfiggere… è tutto un lavoro che devi fare tu, non lo posso fare io al posto tuo.

La dieta della gioia, di Martha Beck (Parte 2)

Come portare più gioia nelle nostre vite? E perché dovremmo quotidianamente impegnarci per farlo? Sarà faticoso? Probabilmente sì, all’inizio. Ma poi diventa un’abitudine, con cui mettere in connessione la nostra mente razionale con il nostro sé più profondo. Ecco i passi dal 6 al 10 secondo Martha Beck, autrice dell’omonimo libro.

#6 Premiati

Ogni giorno datti almeno 3 premi (!): uno per il rischio che hai preso, e due giusto per il fatto di essere te. Nessuna eccezione, nessuna scusa.

L’attività #5 è infatti molto impegnativa, la più impegnativa di tutte forse, e quindi è giusto riconoscersi un premio dopo averla svolta. E’ così che il nostro cervello, se ripetiamo la cosa più volte, si allena; inoltre la gratificazione a breve termine funziona (lo sanno bene i creatori dei social media!). Quindi i premi di cui ti parlo sono estremamente importanti nel nostro percorso, non si può farne a meno!

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