Non sono mai stata una da cui potessero uscire le parole ‘da grande voglio fare il pompiere’ come diceva il draghetto Grisù, e nemmeno ‘farò il dottore’, non ho mai avuto le idee così chiare. Sì, in effetti qualche volta mi è scappato che volevo fare la parrucchiera, ma poi è passata 🙂
Non sono mai stata brava a decidere, o meglio a scegliere. Ogni scelta era ed è un tormentato tragitto dal ‘se scelgo questo perdo quello’ fino al ‘…e se scelgo questo poi come farò a fare anche quello?’. Sempre stato difficile. Non sono capace di scegliere, è questo il punto (non il problema, ma il punto, sia chiaro).
Esplorare
Di fronte alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande’ sono sempre stata in enorme imbarazzo, mi si è sempre aperto un buco nero dal quale avrei dovuto estrarre qualcosa ma era talmente nero che… me l’hanno chiesto anche di recente ed ero incredula che qualcuno me lo chiedesse ancora, segno che il desiderio (o forse la pressione?) di sentire una cosa, e una cosa sola, è ancora fortissimo. L’avvocato? Il dottore? Il giornalista? Così per non sbagliare mi sono pure scelta un lavoro che sebbene abbia un vero ‘Job title’ (il coach) è talmente sconosciuto ai più che bisogna poi far seguire una lunga spiega. Così, per non fare mai le cose semplici.
La verità è che voglio fare un mucchio di cose. Tante che non mi basterà una vita.
E che voglio essere libera di scegliere fino a quando fare una certa cosa e in quale momento poi smettere, per fare altro. Voglio cambiare: non appena raggiungo un certo livello di competenza in un certo settore, incomincio ad annoiarmi e mi invento cose diverse da fare. Fino a quando esaurisco anche queste e allora devo proprio cambiare anche il luogo che mi contiene.
Ultimamente mi ritrovo spesso in mezzo a persone, più facilmente donne, che vengono da un cambiamento di vita, o da un cambiamento professionale. Donne da ammirare per il loro coraggio e la loro determinazione. In una delle ultime occasioni mi sono detta, e ho detto, presentandomi, che ho cambiato vita molte volte dal punto di vista professionale (e forse anche da quello personale): ho fatto tanti lavori diversi, molti dei quali scelti per interesse personale, altri solo perché mi hanno dato da vivere per un po’. In entrambi i casi, sono andata avanti fino a che mi hanno stancato, e a un certo punto ho sentito l’urgenza di rimettermi in cammino, ad esplorare. O a seguire un qualcosa che nel frattempo mi aveva incuriosito.
The Reinassance Soul
Questo atteggiamento è sempre parso strano (a dir poco), e tuttora suscita ilarità, sorrisini un po’ di compatimento, un ‘beh, certo, evidentemente te lo puoi permettere’. La distanza tra il ‘mi piacciono tante cose’ e il ‘non sai cosa vuoi’ è sempre molto corta, così come le etichette che gli altri ci vogliono mettere addosso: “cos’hai studiato a fare quella cosa lì se poi non la vuoi fare, ma perché vuoi cambiare di nuovo, ma c’è la crisi, ma non vorrai mica fare la casalinga…”.
Poi un giorno mi è capitato tra le mani un saggio, uno di quelli che li apri e dalla prima pagina capisci che è stato scritto proprio per te, e cavolo, ma perché non ne sapevi niente, perché non ti hanno avvisato?
Si tratta di The Reinassance Soul, un libro che ho divorato (e riletto) grazie al quale ho capito che la mia non era una malattia grave, un’imperfezione da combattere, una schizofrenia da curare con i farmaci, ma solo un modo di essere un po’ diverso da quello della maggior parte delle persone; ma soprattutto ho scoperto che non ero (non sono) la sola al mondo ad avere difficoltà con le scelte, ad avere tanti e diversi interessi, a non poter fare di uno solo di questi una carriera, ad aver voglia, dopo un po’, di cambiare. È stato un vero sollievo.
Secondo l’autrice, Margaret Lobenstine, le ‘anime rinascimentali’ si rifanno alla figura tratteggiata dalla vita e dalle opere di Leon Battista Alberti, un uomo tra i più poliedrici del suo tempo, non a caso architetto, scrittore, matematico, umanista, crittografo, linguista, filosofo, musicista e archeologo – la riduzione della sua figura a solo architetto è quindi assai riduttiva oltreché inesatta.
Non è che però tutti abbiamo le potenzialità di Leon Battista Alberti, eh, sia chiaro. Resta però che quello che ai suoi tempi era visto come una caratteristica positiva, oggi ne ha quasi solo di negative: inconcludente, non sai cosa vuoi, quando ti deciderai a scegliere la tua strada e a sistemarti (brrr)? Non voglio scegliere!
Io sono una multipotenziale, e tu?
La mia ‘schizofrenia’ ha quindi un nome, ‘anima rinascimentale’, forse un po’ troppo aulica in effetti, e preferisco piuttosto multipotenziale, una parola coniata da Emily Wapnick di cui ho parlato in questo altro post. Mi piace fare molte cose, anche diverse tra loro. Alcune legate da un fil rouge, altre no, dipende.
Non ho detto che mi piace fare 3000 cose assieme, quella è un’altra cosa. Ed è pure deleteria. Ho smesso di farla perché mi portava solo via tempo e non mi faceva concludere nulla.
Quello che intendo io con ‘multipotenziale’ è che non sono una che riesce a chiudere la testa nel primo cassetto e dimenticarsi che ne esistono mille altri. Non ho una sola vocazione, ma più di una. Non sono destinata a rimanere sempre nello stesso ambito. Ho aperti diversi di cassetti nella mia vita professionale, li ho esplorati, ho studiato a fondo e applicato. Poi ho sentito il bisogno di passare al cassetto successivo. Il problema è che ci sono molti più cassetti di quanti io possa esplorare in una vita, ma vabbè… cerco di accontentarmi di alcuni.
Non voglio scegliere
Ma non mi chiedere di scegliere una cosa sola, non posso, non per sempre. Per un periodo sì, ma solo se so che poi potrò dedicarmi ad altro, che non sono su una strada senza via d’uscita, che posso ancora volare via lontano.
Per un po’ lo posso fare. Poi devo cambiare, respirare aria nuova, aprire la finestra e guardare fuori. Poi anche connettere, legare insieme pezzi presi dai vari cassetti, come in un Lego.
A molti questo sconvolge, e lo capisco. Vuoi mettere la tranquillità, la sicurezza, l’abitudinaria semplicità di fare sempre, o per lungo tempo, la stessa cosa, nello stesso posto, con più o meno le stesse persone. Beh, è certamente rilassante. Lo so. Ma non fa per me. Per me è come chiudermi in una gabbia e buttare via la chiave. Però mi dico: come io tollero e comprendo chi è diverso da me, e ne comprendo vantaggi e potenzialità, così ci può essere comprensione nell’altro senso, no? Ci sono vantaggi e svantaggi in entrambe le situazioni. Senza contare che in anni di crisi, come si sente spesso dire, forse essere elastici, avere la mente aperta ad altre possibilità, ad altre strade, ad esplorazioni, può essere un vantaggio. Lo sapevi che la creatività è tra le caratteristiche più ricercate nel mondo del lavoro?
Lo dice bene in questo brevissimo video Raffaele Gaito, un multipotenziale.
Il test
Che fare dunque? Che fare per sfruttare al meglio questa caratteristica (caratteristica, non problema!) e farne un nostro punto di forza? E soprattutto: anche un multipotenziale ha dei punti di forza? Certo! Emily Wapnick sostiene che i multipotenziali hanno 3 superpoteri:
- capacità di sintesi di idee provenienti da campi diversi
- capacità di apprendimento rapido
- adattabilità
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Vuoi affrontare finalmente questa questione e capire se sei un multipotenziale e come sfruttare questa caratteristica al meglio? Contattami!