Categoria: Stimolare la creatività Pagina 1 di 4

Oggi è uscito il mio podcast: la mia esperienza da vera introversa

Quando ho cominciato a pensare che avrei tanto voluto fare un podcast, perché io stessa adoro i podcast, non pensavo proprio che ci avrei messo quasi 2 anni per renderlo reale, ma ora il mio podcast è qui!
Ho passato un sacco di ore a riflettere, pensare e ripensare, poi ho cominciato a leggere, a informarmi, e nel mentre ne ascoltavo di ogni genere perché accompagnavano – e accompagnano – le mie camminate, i momenti di relax, quando guido, quando faccio qualcosa di manuale, ogni occasione è buona per ascoltare qualche bella storia, ben raccontata.

Il mio podcast: perché?

Così, pian piano, ho fatto amicizia con l’idea che anch’io avrei voluto fare un podcast per parlare di quello che mi interessa e mi appassiona, che è il coaching, sicuramente, ma è anche il lavoro, in tutte le sue forme, e tutto quello che il lavoro si porta dietro. Ho cominciato a confidare questo mio pazzo progetto ad alcune persone, a discutere alcuni aspetti con altre, a registrare la mia voce sul telefono per vedere che effetto mi faceva, a pensare ai temi da trattare, a come registrare, a dove mettere questo podcast, eccetera eccetera. Insomma, come sempre, ho studiato e mi sono cimentata nelle varie fasi di creazione del contenuto e poi della registrazione della mia voce, e poi del montaggio. Devo dire che pensavo avrei fatto molto più alla svelta, e invece ci ho messo quasi un anno, forse qualcosina in più, per arrivare qui, alla data di uscita del mio podcast Ipotesi di lavoro.

Di cosa parlo? Come dicevo, di lavoro, in tutte le sue forme, quello dipendente e quello autonomo, il primo di cui ho esperienza indiretta attraverso le storie delle persone con cui abitualmente lavoro, il secondo che riguarda in primo luogo me, e le donne con cui condivido questa esperienza: nel mio gruppo di Mentoring  come colleghe coach o come amiche che lavorano in proprio. Forse l’idea del podcast è arrivata proprio dalla mia esperienza (di freelance) e dalla volontà di condividerla con altre persone che possono comprendere bene le fatiche di chi fa un lavoro che ama (e no, lavora; non è vero che chi fa un lavoro che ama non lavora neanche un giorno della sua vita…)

Poi ho pensato che questo benedetto lavoro, croce e delizia delle nostre giornate, ha bisogno di una seria revisione: incontro persone sempre più spossate, frustrate, incattivite, insoddisfatte dal lavoro che mi chiedo cosa si possa fare a riguardo, cosa posso fare io, per contribuire al miglioramento di questa situazione. Il podcast è una di queste cose.

Podcast e introversione

Cosa mi ha spinto a fare un podcast? Intanto il fatto che nessuno mi vede 🙂

La visibilità è un grosso tema per me, e per molte persone introverse. Il podcast mi permette di fare alcune cose (parlare di quello che so) in un modo che mi non mette troppo a disagio. Sono io e il mio pc e il microfono, e questo mi piace. All’inizio veramente ho cominciato con “eh, ma la mia voce non mi piace…”, “eh, ma cosa avrò mai da dire…?”, e via così, perché la sindrome dell’impostore è sempre con me benché cerchi di sotterrarla e zittirla, rispunta sempre!!!

Però, onestamente, “perché no?” mi sono detta. E con questo “perché no?” in testa sono andata avanti, cominciando con il fare pace con la mia voce, e bon, è quella, piaccia o no a me o agli altri posso fare poco (anche se prossimamente prenderò lezioni di dizione!), e ho cominciato a registrarmi con il cellulare e riascoltarmi, così, per allenarmi ad ascoltare quella voce che mi sembrava così… strana (e sgradevole).

Primo passo: fatto.

Poi ho pensato ai temi di cui volevo parlare, ovviamente il lavoro, ma con quale sfaccettatura? Non volevo replicare cose che avevo scritto – anche se un po’ inevitabilmente sarà così – e invece “ridistribuire” e rendere fruibili a tutte le persone le conversazioni che ho quotidianamente con la mia clientela, da cui ho imparato e imparo veramente un sacco e che mi portano le esperienze più variegate.

Poi volevo parlare sia a chi fa un lavoro dipendente – la maggior parte delle persone che chiede il mio supporto – e anche a chi lavora in proprio, questo gruppo sempre un po’ bistrattato di persone che con tutte le forze si ostina di immaginare per se stess@ un lavoro diverso e più soddisfacente. Quindi ci saranno stagioni diverse, in cui parlerò degli uni e degli altri, ma in fondo alcuni temi in realtà sono trasversali e hanno a che fare più in generale con il senso del lavoro e quale rilevanza dargli nelle nostre vite.

 

TI ricordo che trovi il mio podcast Ipotesi di lavoro su Spotify e a breve su ApplePodcast.

 

La dieta della gioia, di Martha Beck (Parte 2)

Come portare più gioia nelle nostre vite? E perché dovremmo quotidianamente impegnarci per farlo? Sarà faticoso? Probabilmente sì, all’inizio. Ma poi diventa un’abitudine, con cui mettere in connessione la nostra mente razionale con il nostro sé più profondo. Ecco i passi dal 6 al 10 secondo Martha Beck, autrice dell’omonimo libro.

#6 Premiati

Ogni giorno datti almeno 3 premi (!): uno per il rischio che hai preso, e due giusto per il fatto di essere te. Nessuna eccezione, nessuna scusa.

L’attività #5 è infatti molto impegnativa, la più impegnativa di tutte forse, e quindi è giusto riconoscersi un premio dopo averla svolta. E’ così che il nostro cervello, se ripetiamo la cosa più volte, si allena; inoltre la gratificazione a breve termine funziona (lo sanno bene i creatori dei social media!). Quindi i premi di cui ti parlo sono estremamente importanti nel nostro percorso, non si può farne a meno!

La dieta della gioia, di Martha Beck (Parte 1)

Come possiamo portare più gioia nelle nostre vite? E perché dovremmo quotidianamente impegnarci per farlo? Sarà faticoso? Probabilmente sì, all’inizio. Ma poi diventa un’abitudine, sana per di più!, con cui mettere in connessione la nostra mente conscia con il nostro sé profondo… può essere terrificante, avverte Martha Beck, partiamo?

Tempo per stare da soli

La fatica da “privazione” di solitudine

L’uso che facciamo della tecnologia è tale per cui ci lascia senza del “vero” tempo solitario. Anche quando siamo/stiamo da soli non stiamo davvero trascorrendo del tempo da soli con i nostri pensieri, non se siamo costantemente sintonizzati su altri contenuti: ascoltare un podcast, scrollare i feed dei social, eccetera.

creatività è tenacia e resilienza

Ti senti sopraffatto? La cura è la creatività

Mi ha molto colpito questa frase che ho sentito in una diretta di Martha Beck, una coach americana che seguo e che in questo periodo mi sta dando un sacco di spunti: ma cosa vuol dire esattamente? Ci dicono esattamente il contrario! Se sei sopraffatto è perché hai senz’altro molte (troppe) cose da fare ma anche perché non gestisci bene il tuo tempo, non sei organizzat*.

Pagina 1 di 4

Powered by WordPress & Tema di Anders Norén