Lavoro in proprio, nel senso proprio del termine, da quando sono coach, ossia dal 2016. Ma sono sempre stata una freelance e ho raramente lavorato come dipendente. Questa più recente esperienza, tuttavia, è stata decisamente la più formativa sia grazie alla natura del lavoro che svolgo – che è di per sé formativo e di crescita – sia perché effettivamente è stata la prima esperienza da “one (wo)man show”. E ho imparato davvero un sacco di cose.
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Il mindset, o forma mentis, con cui vediamo noi stessi e il mondo non è un elemento immutabile ma può invece essere modificato – con un po’ di tempo e di impegno – da statica a dinamica, ovvero da un modo di pensare le capacità come qualcosa di innato al pensare che tali capacità si possono acquisire e sviluppare lungo tutta la nostra vita fino a raggiungere traguardi inaspettati.

Nel mio lavoro di coach incontro quotidianamente tante donne che vogliono cambiare lavoro e che sono insoddisfatte di quello che fanno, e quindi arrivano chiedendomi una mano per fare altro. Il problema che però riscontro molto spesso è che prima di mettersi alla ricerca di un nuovo lavoro hanno bisogno di capire meglio cosa non sta andando in quello in cui si trovano, e cosa possono fare per avere un approccio più adeguato, e quindi più utile per loro, sul lavoro. Quello che vedo maggiormente mancare è, insomma, una delle “fondamenta” necessarie per costruire qualsiasi cosa nella vita, ossia l’autostima.

L’uso che facciamo della tecnologia è tale per cui ci lascia senza del “vero” tempo solitario. Anche quando siamo/stiamo da soli non stiamo davvero trascorrendo del tempo da soli con i nostri pensieri, non se siamo costantemente sintonizzati su altri contenuti: ascoltare un podcast, scrollare i feed dei social, eccetera.

Nell’Atlante delle emozioni umane, l’autrice Tiffany Watt Smith individua e descrive più di 150 emozioni umane. Se devo pensare alla mia capacità di dare un nome alle emozioni, e alle loro diverse sfumature, credo che arriverei con fatica a 20. La nostra scarsa, scarsissima preparazione nel campo delle emozioni la dice lunga sulla nostra capacità di interpretarle e gestirle in maniera proficua – e non distruttiva.