Nel mio lavoro di coach incontro quotidianamente tante donne che vogliono cambiare lavoro e che sono insoddisfatte di quello che fanno, e quindi arrivano chiedendomi una mano per fare altro. Il problema che però riscontro molto spesso è che prima di mettersi alla ricerca di un nuovo lavoro hanno bisogno di capire meglio cosa non sta andando in quello in cui si trovano, e cosa possono fare per avere un approccio più adeguato, e quindi più utile per loro, sul lavoro. Quello che vedo maggiormente mancare è, insomma, una delle “fondamenta” necessarie per costruire qualsiasi cosa nella vita, ossia l’autostima.

L’autostima è uno degli elementi fondamentali per avere una vita e un lavoro soddisfacente, ed è uno degli aspetti maggiormente carenti nelle donne che incontro. La buona notizia è che ci si può lavorare, aumentandola, regolandola e dotandosi di una cassetta degli attrezzi a cui fare ricorso in caso di necessità.

L’autostima è anche uno degli elementi più importanti anche nell’ambito del lavoro, sia esso dipendente o autonomo, e che non viene mai preso sufficientemente in considerazione, né quando si va alla ricerca di un lavoro dipendente, né quando si decide di mettersi in proprio.

Autostima per lavoratrici

Come dicevo poco sopra, la verità è che nella vita di ogni lavoratrice  – ma anche nella vita in generale – una buona autostima è la base senza la quale facciamo moltissima fatica a costruire qualsiasi cosa: l’autostima è le nostra fondamenta. Senza autostima non andiamo da nessuna parte, o meglio, faremo delle cose, ma forse non proprio quelle che davvero vorremmo fare. O non come le vorremmo fare. o non con il successo che potremmo avere. E’ come essere un po’ (tanto) depotenziate.

Quindi, visto che già di per sé lavorare come dipendente oggi per una donna è qualcosa di difficoltoso, perchè viviamo in una società e in cultura che non ci aiuta certo da questo punto di vista, se a questo aggiungiamo anche il problema autostima, creiamo un mix fatale. Diciamo che le premesse non sono le migliori possibili.
Se poi pensiamo a chi si vuole mettersi in proprio e avviare una propria attività il tema diventa forse ancora più importante.

Perché fare business è faticoso, è rischioso, può comportare errori e fallimenti.

Se non hai delle fondamenta solide è molto facile venire spazzata via al primo soffio di vento, e non ci sono competenze tecniche che tengano, non ti serviranno a nulla se non avrai maturato dentro di te la forza, la consapevolezza necessaria per dirti: ok, è andata male, riprovo con qualcos’altro. Ma sarai più propensa a dirti cose terribili tipo: ‘non ce la farò mai. Non fa per me. Sono una fallita. Non sono capace di fare nulla”. E magari tornare a cercarti un lavoro dipendente.

Questa forza e questa consapevolezza delle nostre capacità è, appunto, l’autostima. Sentire di essere capace di (aggiungi quel che vuoi), sapere che se anche non sei capace puoi imparare, o puoi chiedere aiuto, o in qualche modo cavartela e risolvere il problema che hai di fronte. Sapere, avere la certezza, di poter fare bene, di non avere tutte le risposte ma di sapere come fare a trovarle, di poter chiedere aiuto a qualcuno che ne sa più di te senza per questo sentirti in difetto…

Non sempre le cose vanno bene, quando si ha un’attività in proprio. Non sempre le cose vanno come vorremmo nemmeno quando abbiamo trovato “il lavoro migliore che potessi trovare”. A volte – più spesso di quanto prevedevamo – dobbiamo raddrizzare la rotta. Come possiamo riuscire a farlo se non abbiamo una solida stima di noi stesse?

Come si costruisce questa forza interiore che chiamiamo autostima?

Non c’è una strada semplice, né ci sono scorciatoie. C’è un impegno continuo. C’è il vedere la vita come un continuo viaggio, una continua evoluzione.

Qui provo a suggerire alcune strategie che hanno funzionato su di me e su alcune delle persone con cui ho lavorato: ognuno può prendere ovviamente quella/e che sente più vicina, o adattarlo al proprio caso personale – che è sempre la cosa migliore – ma almeno ha una base da cui partire.

#1. Fare appello alla compassione

E’ quella strategia che ci fa essere molto compassionevoli (appunto) e molto comprensivi nei confronti di qualcuno che ha sbagliato, ha fatto un errore o ha subito un’ingiustizia i qualsiasi genere. Le nostre parole sono calde, accoglienti, confortanti. Un po’ come una mamma con il proprio bambino che si è sbucciato un ginocchio, o quello che avrete senz’altro usato con un’amica in crisi. Ecco, se avete presente quel genere di dialogo, di conversazione, il consiglio è: applicate quel genere di dialogo, e quelle parole, anche e prima di tutto a voi stesse. Noi tutti abbiamo bisogno di un po’ di compassione e di comprensione. Di delicatezza e di conforto. Poi passeremo all’azione per risolvere il disastro, ma prima, per favore, vogliamoci un po’ bene.

Se vi massacrate con un dialogo interiore che punta solo a dirvi che siete delle fallite, che avete sbagliato tutto, che “come ho fatto a pensare di poter fare…” non ne uscirete affatto bene. Questo non vuol dire che bisogna fare l’esatto opposto, ossia negare la realtà e dirsi che va tutto bene e che siete bravissime e di grande successo, no, non così tanto! Vuol dire essere realiste, sapere che si può sbagliare, e che si può riparare. Solo così si impara.

#2. Ricordarsi che siamo tutti imperfetti

Smettetela di correggere e ricorreggere, rileggere, ripensare, rifinire una mail, un messaggio, un report, una proposta, un progetto. A un certo punto, ditevi che va bene così. Perchè è proprio vero, va bene così. Stampatevi in testa “Done is better than perfect” – Fatto è meglio che perfetto, e cominciate a praticarlo. La perfezione non esiste, nessuno è perfetto, sarebbe ben presuntuoso pensare diversamente! Quindi basta con l’aspirazione alla perfezione, è un viaggio verso la distruzione… della propria autostima.

Inoltre, statene certe: la perfezione non vi salverà dagli errori o dai fallimenti. Meglio allora fare del proprio meglio e poi via, e imparare a rialzarsi sempre, e sempre più alla svelta, che la strada sarà lunga a tortuosa.

#3. Coltivare le proprie idee e raccontarle, e poi magari cambiarle

Sviluppare un pensiero critico, ossia la capacità di osservare la realtà e comprenderla, ci aiuta a essere parte di qualcosa di più grande. Non avrete sempre idee brillanti nè di successo (vedi alla voce: nessuno è perfetto), ma ne avrete. Non fatevele scappare con noncuranza ma parlatene a chi vi sta vicino, discutetele, mettetele alla prova e verificate se possono stare in piedi.
E’ una cosa che funziona sempre, nella vita, nel lavoro, ancora di più nel lavoro in proprio in cui – si dice – è buona cosa farsi venire idee, essere creativi per fare sempre meglio le cose che facciamo.

Ciclicamente, mettetele in discussione, ossia verificate se sono delle idee e della convinzioni utili nel momento che state vivendo, o se vi appesantiscono, vi zavorrano o sabotano i vostri progetti. Se sono utili o no nella vostra vita e/o nel lavoro che state facendo. E nel momento che state vivendo. Altrimenti buttatele e fatevene di nuove 🙂
La vita non è sempre uguale, noi non siamo sempre uguali, immutabili (gli uomini un po’ sì :-), le donne molto meno!), perché le nostre idee dovrebbero esserlo?

#4. Imparare a chiedere l’aiuto di cui si ha bisogno

In tutti i campi. Credo che per molti di noi sia estremamente difficile, lo so bene perché anche per me è così. Ma poi quando impari, è estremamente liberatorio: non dobbiamo occuparci e preoccuparci di tutto, non dobbiamo saper rispondere a tutto, non dobbiamo essere esperti di ennemila argomenti. Aaaaaah, che bello! che liberazione, che leggerezza! Farsi aiutare libera energie e tempo, che possiamo finalmente dedicare alle cose che ci piace fare e che nutrono la nostra anima.

Chiedere aiuto non è il male, anzi! E c’è qualcuno che non è felice di ricevere una richiesta di aiuto e di fare di tutto per soddisfarla?

#5. Essere fiere di ciò che si fa

Io non so bene come si faccia, ma so che sono molto fiera del lavoro che faccio, di come lo faccio e di tutte le persone che ho aiutato. Non c’è una ricetta che vale per tutti, e non c’è una pillola che fa passare tutte le paure. Le paure restano, ma si impara a gestirle. Non tutti hanno la possibilità, o la forza, o l’opportunità di fare un lavoro che scelgono, un lavoro che li appassiona, un lavoro che li riempie di soddisfazione: in questo, mi sento fortunata. Ma come si sa, la fortuna aiuta gli audaci. Sì, forse un po’ di fortuna l’ho avuta, ma certo poi ho avuto anche la forza di fare una scelta, quella scelta che faccio tutte le volte che ho davanti un problema, o un ostacolo o una (ennesima!) difficoltà e mi dico: ce l’ho fatta fin qui, ce la farò ancora. Come posso farmi aiutare e da chi?
Perché ora ho la responsabilità di onorare quella scelta. Non posso proprio non farlo.

Un lavoro su misura per te

Se stai cercando di sganciarti dal lavoro dipendente ma non sai bene come fare e se è possibile per te, posso aiutarti: ho creato un percorso di coaching 1:1, cioè una serie di incontri e poi di esercizi, con tutto quello che ho imparato da quando mi sono messa in proprio in modo da condividerlo e fare in modo che tu possa farlo molto più velocemente di me. Sono convinta che possa davvero fare la differenza! Sarei felice di darti una mano a darti quella struttura personale necessaria per avviarti in questa nuova avventura.
Puoi dare un’occhiata al mio percorso 1:1 qui.

Se invece preferisci lavorare con altre persone, fare squadra, cerchi un supporto e un confronto con altre persone che vivono la tua stessa quotidianità fatta di fatiche, sfide, soddisfazioni, pianificazione, dubbi… c’è il mio Mentoring Group, vuoi unirti? Troverai un gruppo di donne che lavorano in proprio (magari anche qualche uomo!) e che si sostengono a vicenda nelle gioie e nei dolori quotidiani. Due call al mese in cui ci confrontiamo e lavoriamo per fare ogni volta dei passi avanti. Se vuoi altre info puoi anche scrivermi qui.

 

Iscriviti alla mia newsletter

Termini & Condizioni

SalvaSalva

SalvaSalva

SalvaSalva

SalvaSalvaSalvaSalva