Il rischio è strettamente connesso al tema dei desideri, quelli che vanno fatti (ri)emergere nelle nostra vite, come ho scritto in Dove sono finiti i desideri?: nessun desiderio (o quasi) potrà essere mai raggiunto senza una più o meno grande componente di rischio: la strada verso una vita piena di gioia è costellata da paure, e prima ce lo mettiamo in testa meglio è.
Per inseguire i nostri desideri dobbiamo passare attraverso gli inevitabili terrori che saltano fuori da chissà dove (chissà dove?) per farti fare un passo indietro.

E’ il nostro cervello, in particolare quella parte che è deputata alla nostra difesa e “conservazione” (il cd. cervello rettiliano, il più antico), che vede pericoli ad ogni passo e ci manda segnali per evitarli. Non sempre si tratta di pericoli reali per la nostra incolumità però. Spesso anzi ci rendiamo benissimo conto che non sono veri pericoli, non stiamo mettendo realmente in pericolo la nostra vita: semplicemente stiamo per fare qualcosa di diverso dal solito, sconosciuto, e quindi sì, corriamo dei rischi.

Solo se riusciamo a superare quella paura (e a dribblare i tranelli del nostro cervello), potremo far sì che la nostra vita sia indirizzata verso i nostri desideri più autentici; diversamente, la nostra vita finirà per essere plasmata dalla paura.
Se ti fa strano pensare al rischio come un ingrediente necessario per una vita felice, considera che vivere facendo di tutto per evitare la paura è molto più pericoloso per te stesso rispetto a una vita piena di rischi: non riuscirai comunque ad evitare tutte le tragedie e non potrai assaporare la sensazione che viene dall’aver provato ed essere riuscito a fare una certa cosa.
In qualsiasi situazione, inoltre, essere a proprio agio o aver paura è molto soggettivo, dipende molto più dalla tua percezione che dalle reali circostanze. C’è chi si sente al sicuro in situazioni che invece sono potenzialmente molto pericolose. Per ognuno di noi la comfort zone è arbitraria e irrazionale.

E allora perché rischiare?

Ci sono persone che dicono di voler cambiare (lavoro, carriera, città, vita eccetera), che arrivano a questa conclusione e hanno anche dei progetti in mente sul loro domani, ma che sono talmente bloccati dalla paura da rimanere in stallo, sull’orlo del trampolino per settimane, mesi… o addirittura anni (ne ho conosciuti diversi). Altre che continuano a pensare, ad arrovellarsi, a rimuginare, oppure semplicemente a cullarsi su un’idea o un progetto ma non fanno assolutamente nulla, nemmeno un passo, per realizzarlo.
Forse perché l’idea ha più fascino dell’azione… e dello sporcarsi le mani! Oltre che del pericolo di sbagliare, fallire, fare una cazzata o una figuraccia.
Ma se è solo nella testa un progetto, semplicemente, non esiste. Quando mi ritrovo davanti a queste persone, alle volte penso che se riuscissi a togliere loro un po’ di stress legato a quella paura, si muoverebbero. Ma non funziona, mai. Non è così. E’ assolutamente necessario che siano loro a prendersi dei rischi, magari all’inizio piccoli, per verificare che sono quelle paure ciò che ha impedito loro di cambiare qualcosa. Non è affatto facile.

Ma la strada è quella, e più uno la pratica più diventa capace di distinguere i rischi che val la pena prendersi e quelli che è meglio lasciar perdere. Ma i consigli degli altri servono… solo un po’. Poi ognuno deve fare la sua parte.

I rischi che bisogna prendersi non sono solo quelli che ci possono portare al successo – anche perché, come li distingui? I rischi migliori sono quelli che possono portare al successo o al fallimento, e il criterio per sceglierli non è le chance che hai di riuscire, ma la profondità di ciò che desideri.

Se persegui rischi che sono strettamente connessi con il tuo sentire, la tua vita sarà come dovrebbe essere, a prescindere dal risultato di una data situazione. Se il tuo obbiettivo non è qualcosa che vuoi veramente, anche un piccolo rischio è un rischio stupido. Quando vuoi cercare di capire meglio se prenderti o no un certo rischio, prova a rispondere a queste domande:

  1. Questo rischio è necessario per raggiungere i miei desideri? Sto provando un vero, autentico desiderio per questo qualcosa che sto cercando?
  2. Il pensiero di fare questo passo mi crea un senso di chiarezza, nonostante le mie preoccupazioni? (Se un rischio va bene per te puoi provare apprensione ma poca o nessuna confusione)
  3. Provo solo paura, o c’è anche un senso di tossicità che vira al disgusto? (Stai attento: un buon rischio è come immergersi sotto l’acqua di una piscina pulita; un cattivo rischio è fare la stessa cosa ma in una piscina fetida)
  4. Alla fine della mia vita che cosa rimpiangerò di più? Aver preso questo rischio e aver fallito, o aver rifiutato di prenderlo e non aver mai saputo se potevo avere successo o fallire?

Come rischiare?

Ecco alcuni suggerimenti – alcune cose da fare almeno una volta al giorno, soprattutto quando si ha poca pratica 🙂

  • scegli un obiettivo che ti mette paura. Individua un passo che puoi fare per ottenere uno dei tuoi desideri. Assicurati che tu lo voglia davvero e che sia davvero terrificante per te.
  • Fai il primo piccolissimo passo. Il passo che hai individuato può essere spezzettato in altri piccoli passi? decidi qual’è il più piccolo passo avanti che puoi fare
  • Rendi il tornare indietro altrettanto spaventoso che l’andare avanti. impegnati il tuo coraggio, il tuo tempo, i tuoi soldi per l’ottenimento del tuo obiettivo. Annuncia a più persone possibili qual è il tuo obiettivo.
  • Non avere paura di avere paura. Accetta il fatto che sarai spaventato mentre fai questo passo. Calmati parlando a te stesso in modo gentile e rafforzativo
  • Entra nelle fauci del mostro! Come disse Eleanor Roosvelt “Devi fare la cosa che pensi di non poter fare”.
    Fai un bel respiro e salta!

Il rischio del mettersi in proprio

Già. Un bel rischio. Ma che ne valga la pena è indiscutibile. Io che l’ho fatto diversi anni fa lo rifarei ad occhi chiusi, magari con un filo più di convinzione, di chiarezza, e di senso di efficacia. Sono partita lentamente, frenata da mille dubbi e dalla paura di non essere “abbastanza” (brava, preparata, competente…). Ora va meglio, ma la lotta è quotidiana. Per quanto ho deciso che era giunto il momento di condividere il mio viaggio e mettere a disposizione di tutte – sorry, for women only, le mie conoscenze e la mia esperienza. Ho creato quindi un percorso di coaching ad hoc, che si chiama Un lavoro su misura per te, che ha molto a che fare con chi sei e ciò che vuoi e meno con le competenze tecniche – che pure sono importanti, per carità – e anche quelle troverai nel corso. Ma l’attenzione maggiore l’ho voluta dare a temi come la fiducia in noi stesse e in quello che proponiamo, al crederci sempre (come fare?), all’insistere e al resistere.

Intendo dire con questo che mentre le competenze tecniche le puoi imparare o delegare (o imparare a delegare!), quelle più personali te le devi costruire giorno per giorno, con un lavoro costante, non le puoi delegare e non si studiano sui libri: ci vuole tanto impegno e possibilmente qualcuno che ti accompagna, almeno all’inizio, per non cadere nelle trappole che il tuo stesso cervello ti tende. So che sembra fumoso, ma invece è molto, molto concreto.

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    (liberamente tratto dal libro The Joy Diet di Martha Beck)